APPRENDERE FACENDO

Per insegnare in maniera efficace la Matematica, bisogna interrogarsi su come è fatto e funziona questo sapere. Più che la presentazione di risultati ordinati e brillanti è importante mostrare tutto il lavoro di ricerca e scoperta che sta dietro ad ogni enunciato.

C’è un problema generale che accomuna chi si occupa di Storia della Matematica e che si (pre) occupa dell’insegnamento della Matematica: come si fa a trasmettere, da una generazione all’altra, un sapere che non è riducibile a un insieme di contenuti, a una lista di scoperte, di enunciati o di formule. Un sapere, soprattutto, il cui valore formativo (e questo riguarda gli insegnanti in primo luogo) non risiede solo nelle conoscenze in sé, quanto piuttosto nel lavoro fatto per conquistare queste conoscenze. Un lavoro che alla fine porta i ragazzi ad acquisire un formidabile strumento di conoscenza. Sappiamo tutti, infatti, per esperienza personale di allievi prima e di insegnanti poi, che non basta enunciare un teorema o una definizione, illustrarli brillantemente, con dovizia di esempi e motivazioni, esperienza didattica e preparazione metodologica, perché i ragazzi li comprendano e li apprendano. Tutto questo è utile e importante, ma ben lungi dall’essere sufficiente (e forse non è neppure sempre necessario, come vedremo poi). Un buon insegnamento della Matematica non basta: è un fatto ovvio e universale, ma spesso dimenticato. Per capire perché, è indispensabile guardare alla Matematica, al suo statuto e alle sue caratteristiche. Occorre capire che cos’è e come funziona questo sapere che vogliamo trasmettere (o far scoprire, o costruire, o far re-inventare: ognuno può scegliere il termine che meglio si adatta alle sue convinzioni pedagogiche).

LA COSTRUZIONE DELLA CONOSCENZA
Allora: che cos’è la Matematica? Ovviamente, la Matematica non è un insieme degli enunciati dimostrati (più o meno rigorosamente) o congetturati nel corso dei secoli. In un altro testo classico che si intitola proprio “Che cos’è la matematica” gli autori, (R. Courant e H. Robbins, Boringhieri 1998) rispondono che a questa domanda può rispondere non la filosofia, ma l’esperienza attiva. E’ solo guardando il lavoro del matematico (il matematico professionista o il bambino di prima elementare che si affatica sulle prime operazioni) che possiamo iniziare a rispondere a questa domanda cruciale e vedere più chiaramente il quadro in cui si muove la nostra azione di insegnanti. Da questo punto di vista, non ci aiuta certo il modo in cui la Matematica viene raccolta ed esposta in alcuni libri di testo , che corrisponde ad una sistemazione di tipo logico-deduttivo. Il formidabile modello espositivo degli elementi di Euclide, in cui partendo da assiomi, postulati e concetti primitivi si definiscono via via concetti derivati e si dimostrano teoremi, costituisce da oltre due millenni il paradigma del libro matematico e della trattazione razionalmente organizzata in generale. Ma questo non significa assolutamente che questo modo di esporre, funzionale all’organizzazione e alla sistemazione della materia, sia anche quello didatticamente più efficace (come afferma per esempio Alexander Grotherndeck, uno dei giganti della matematica del xx secolo). Ora, non c’è dubbio che la stesura ordinata e organizzata è una tappa importante di ogni lavoro matematico, sia come strumento per approfondire e verificare la comprensione che come mezzo per trasmettere questa comprensione. Ma per quanto riguarda soprattutto i bambini che stanno iniziando a scoprire la Matematica, questo modo di esporre rischia di nascondere, ai loro occhi, tutto il lavoro di ricerca e scoperta che sta dietro un enunciato, E’ proprio quello che succede molto spesso nella pratica didattica corrente, dove la Matematica è vista come un prodotto finito; un prodotto finito correttamente e con i puntini sulle “i” quando lo espone il libro o il professore, un prodotto finito più o meno soddisfacente quando si tratta dell’allievo. La sistemazione logico-deduttiva (o, più semplicemente, l’organizzazione di una teoria attorno a un argomento, anche di Matematica “elementare”) è il punto di arrivo di ogni matematico, non il punto di partenza. E il valore formativo della Matematica si sviluppa attraverso le procedure che il ragazzo mette in atto quando fa Matematica, non misurando le nozioni accumulate in maniera più o meno convinta e stabile.

UNA DIDATTICA ATTIVA
In quest’ottica, ci rendiamo conto che, in molte circostanze, gli stessi contenuti dell’insegnamento diventano meno importanti. Naturalmente, non parliamo qui delle abilità di base, indispensabili per non cadere nell’analfabetismo numerico, e nemmeno delle molte idee cruciali che la Matematica ci fornisce per comprendere il mondo o dei potenti strumenti che ci permettono di operare (l’idea di modello, quella di funzione e di grafico, la probabilità…). Stiamo dicendo, in parole povere, che è molto meglio una formula “scoperta” dalla classe con due o tre ore di faticoso lavoro pieno di errori, (quando all’insegnante sarebbero bastati quindici minuti per spiegarla e motivarla elegantemente!) che tre formule brillantemente dimostrate alla lavagna e apprese per imitazione dagli studenti. Molti studiosi di Didattica della Matematica hanno parole chiave che ruotano attorno a questa idea centrale. Tutta l’esperienza di scuola attiva di Emma Castelnuovo, per esempio, parte da questa necessità fondamentale. Chi più di tutti ha lavorato all’interno della comunità dei matematici, per affermare la necessità di un insegnamento della Matematica che si basasse sul lavoro di chi apprende è stato probabilmente Hans Freudenthal. Che cosa fa un matematico quando scopre (o inventa)? Che cosa fa un fanciullo quando re-inventa? Entrambi mettono in moto procedure razionali e fantasia, immaginazione e rigore. Tra le procedure razionali tipiche del lavoro del matematico, abbiamo:
-esplicitare in una situazione le cose sottintese o evidenti;
- decomporre le difficoltà di un problema in passi semplici, ricomporre risultati parziali;
- concatenare le affermazioni, elencare e classificare i casi possibili;
- dare e utilizzare definizioni, verificare le proprie ipotesi e congetture;
- produrre controesempi, generalizzare i risultati;
- comprendere gli elementi di un problema che servono per la soluzione;
- trasferire una osservazione o un risultato da un contesto ad un altro;
- utilizzare i fatti conosciuti per giustificare le proprie affermazioni…

Queste procedure diventano poi, con l’affinarsi del linguaggio, le operazioni tipiche della Matematica: definizione, astrazione, classificazione, simbolizzazione… Tutto questo non si insegna in teoria: si può solo stimolare, far provare, incoraggiare guidando i ragazzi, per l’appunto, nel loro processo di reinvenzione. I modi per attivare questi meccanismi sono tanti, e la didattica sul campo ci fornisce indicazioni preziose. In questa prospettiva, il lavoro individuale, il lavoro a piccoli gruppi, il lavoro in grande gruppo, diventano altrettante possibilità sulla tavolozza dell’insegnante. I giochi matematici, i laboratori, le osservazioni scientifiche, le curiosità dei bambini sono tutte opportunità per il lavoro matematico.


COME SI APPRENDE

Le conoscenze e le abilità, quando sono acquisite con l’attività personale, si dimenticano meno facilmente e vengono utilizzate con maggiore facilità e prontezza rispetto a quelle che sono state imposte dagli altri. In secondo luogo, la scoperta può dare soddisfazione, e quindi l’imparare con la reinvenzione può essere fondato sulle motivazioni personali. In terzo luogo questo atteggiamento incoraggia l’attività di esperimentare la Matematica come un’attività umana. Guidare la reinvenzione significa trovare un delicato equilibrio tra libertà dell’inventare e la forza del guidare, tra il permettere al discente di divertirsi e il chiedergli di compiacere il docente. Inoltre la libertà di scelta del discente è sempre limitata dal ‘re’ di reinvenzione. Il discente deve inventare qualcosa che per lui è nuovo, ma che è ben conosciuto da chi guida. (Hans Freudenthal, da Ripensando l’educazione matematica, ed. La Scuola, 1994)

La vita scolastica, Giorgio Bolondi, Università di Bologna, 16/10/07

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I numeri ci accompagnano nella nostra vita quotidiana...i numeri di telefono, il codice fiscale, le targhe delle auto; ne abbiamo bisogno anche per compiere le operazioni di ogni giorno: per comprare la frutta indichiamo il numero dei kg, per fissare un appuntamento stabiliamo il giorno e l'ora, quando facciamo la spesa chiediamo il prezzo degli alimenti....
Questo blog è nato per trattare argomenti di matematica in vista dell'esame di "Matematica elementare da un punto di vista superiore"; non parlerò però di formule matematiche o di numeri fattoriali. Cercherò invece di mettere in luce un lato diverso e alternativo della disciplina a dimostrazione di come sia fondamentale nella vita di ciascuno!!!